L'ecosistema forestale più rappresentativo del territorio dell’Altopiano
Queste formazioni boschive sono composte da Abete rosso (Picea excelsa), Abete bianco (Abies alba) in associazione anche a latifoglie come il Faggio (Fagus sylvatica).
Le formazioni così composte prendono il nome di abieteti e si insediano soprattutto su suoli calcarei, con una certa profondità, anche se frequentemente caratterizzati da affioramenti rocciosi (ad esempio dove si sono formati campi solcati, tipiche strutture carsiche di superficie). In generale gli abieteti preferiscono i versanti freschi. La diffusione e la distribuzione di questo tipo di bosco ha un’origine climatica e storica.
Durante il Tardiglaciale, alla fine cioè dell’Ultima Glaciazione (circa 15.000 anni fa) si diffuse una flora di tipo microtermico, in aree prima occupate dai ghiacci. Questa flora pioniera era caratterizzata prima da muschi, licheni e poche specie erbacee, poi da Larici, Pini silvestri e latifoglie come la Betulla ed i Salici, con portamento strisciante o prostrato, per adattarsi a condizioni climatiche ancora periglaciali analoghe alla tundra.
Alla fine del Tardiglaciale l’associazione a Pino silvestre e Betulla riuscì a colonizzare il piano montano. Intorno ai 10.000 anni fa, a causa dell’aumento delle temperature e della progressiva maturazione dei suoli, questa associazione venne sostituita da Abeti bianchi e Abeti rossi. Solo intorno ai 6000 anni fa, quando si verificò un incremento delle precipitazioni, si costituì un’associazione stabile ad Abete bianco e Faggio, accompagnati dall’Abete rosso. Intorno ai 3000 anni fa le temperature si innalzarono ulteriormente e determinarono l’insediamento della faggeta tra i 900 e i 1200 metri di altitudine. La formazione mista a Faggio e Abete bianco si stabilì oltre i 1200 metri, mentre il Larice, l’Abete rosso e il Pino mugo erano presenti oltre i 1500-1600 metri fino al limite della vegetazione arborea, oppure nelle doline, nelle valli relativamente più temperate rispetto alle aree d’alta montagna, che ospitavano la vegetazione della tundra alpina.
I risultati dell’esteso intervento di ripristino del bosco dei dopoguerra, sono piantagioni d’età e maturità diverse, sedi di attività di laboratorio didattico finalizzate alla valorizzazione di particelle forestali più i meno recenti (70-80 anni fa oppure 30-40 anni fa), con presenze floristiche specifiche.
Le molteplici funzioni di protezione (protezione dei versanti dall’azione erosiva delle acque di dilavamento superficiale) e di produzione che il bosco era ed è chiamato ad assolvere, sono state ripristinate e mantenute tramite una gestione che ha favorito prima il ripopolamento poi un’evoluzione naturale di questo ecosistema.
Per favorire la costituzione di boschi “maturi” ed efficienti sotto il profilo ecologico, vengono rispettati i processi vitali naturali (impollinazione, disseminazione, sviluppo), così da far coesistere piante d’età e di specie diverse (Abete rosso, Abete bianco, Faggio) misto a presenze accessorie come il Sorbo degli Uccellatori, i Salici e varie specie arbustive che aumentano la biodiversità vegetale ed animale, a tutto vantaggio del pregio ecologico e paesaggistico.